07/12/08

Il carnevale

I Carnevali del Comelico appaiono molto articolati e ancora pieni di suggestioni.
Ogni frazione ha il proprio corteo di maschere con personaggi ben caratterizzati come i matazins e il lachè, muniti di copricapi coloratissimi ed elaborati, nastri e scialli o come le mascri da bela e le mascri da vecia con i volti coperti da maschere di legno.
Il corteo invade le strade, esibendosi in danze eleganti, sulle note di musiche tradizionali.
Potete vedere i "Matazin" e i "Laché", le belle maschere degli sposi, dei medici e dei notai e, di contro, l’allegra e blasfema compagnia dei brutti: pagliacci, diavoli e spazzacamini con i loro campanacci. Tra questi, anche "l’òm selvàrech" (l’uomo selvaggio), personaggio avvolto da un’aura sacrale e portatore di una valenza propiziatoria.
"La simbologia e la struttura nei carnevali arcaici, ma di fatto, in alcune aree montane, come ad esempio nel Comelico, ancora vivi ed autentici – rileva Gianluigi Secco - sono molto forti e sono funzionali all’augurio di un anno fertile. Il significato propiziatorio originale coinvolgeva e impegnava l’intera collettività".
Divisa, come la vita, nei cortei del bene e del male, la collettività era infatti chiamata a rappresentare le due tensioni, facendo un po’ da corollario alle ricche maschere dei personaggi guida, quei Matazin ai quali era accreditato addirittura un ruolo sciamanico. "I Matazin esprimono autorità, potenza, bellezza, fertilità ed abbondanza attraverso i loro indumenti, oggetti e comportamenti – spiega ancora Secco, che ai Mata e ai personaggi dei carnevali arcaici delle Dolomiti Venete ha dedicato il suo ultimo libro -. L’abbigliamento è così sempre molto ricercato e spesso impreziosito da specchi e pietre, pizzi, piume e da un bastone, simbolo di fertilità, con cui toccare le donne desiderose di avere un figlio. Hanno il compito di influire, con riti e magie, sulla rigenerazione della natura e di simboleggiare, con la processione dei morti che praticano con le altre maschere, il ritorno alla vita".Che "esplode" attraverso la musica ed il ballo seguendo le note di strumenti antichi legati al mondo pastorale: all’inizio le pive, poi i pifferi, a partire dal 1700 il violino e, nella seconda metà del 1800, la fisarmonica.
Una documentazione sui carnevali del Comelico, con l'esposizione di alcuni costumi carnevaleschi, si trova nel Museo Etnografico "La stua" di Casamazzagno.
Di particolare bellezza i volti lignei. Il museo, che prende il nome dalla stanza foderata in legno dove la famiglia trascorreva l'inverno al tepore della stufa in muratura, presenta una ricostruzione degli ambienti tipici delle case del Comelico e dei cicli di lavoro più significativi. Il museo di Casamazzagno è una cellula del sistema museale del Comelico, che comprende anche il piccolo Museo "La fudina" di Dosoledo e il Museo della cultura alpina del Comelico di Padola.
Nel primo è esposta l'intera strumentazione della "Fudina dei fauri": dal tornio al trapano a trazione manuale, dalle cesoie a leva alle bordatrici e alle piegatrici.
Questi oggetti testimoniano l'evoluzione di un'attività molto diffusa in Comelico, quella dei fabbri calderai ambulanti, conosciuti ben lontano dai confini del loro territorio.
Nel Museo di Padola invece sono ricostruiti alcuni cicli produttivi tradizionali, mediante oggetti, fotografie e modellini dettagliati dell'artigiano Alberto De Bettin.

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